A seguito dei fatti di cronaca che hanno sconvolto l’opinione pubblica, la nostra associazione si stringe intorno alla famiglia di Giulia Cecchettin, con una lettera aperta alla sorella, Elena, per gli attacchi subiti. UDI fa sentire la sua voce e chiede che le istituzioni di ogni livello si mettano al lavoro per nuovi e più efficaci strumenti di prevenzione contro la violenza di genere.

Ma ancor di più restiamo basite davanti alla violenza verbale di cui è vittima in questi giorni Elena Cecchettin, “rea” di aver rilasciato interviste e in particolare di aver criticato un ministro per la sua presa di posizione. Le accuse rivolte a una giovane donna che ha appena perso una sorella per mano di un uomo che diceva di amarla sono disgustose. Le insinuazioni sulla sua persona, su una strumentalizzazione della sua tragedia o il giudizio sul suo aspetto fisico sono inaccettabili.

Come Unione Donne in Italia, sosteniamo il diritto di piangere come meglio si crede il proprio dolore e di parlare e fare attivismo di ogni donna. Siamo tutte streghe, intorno e insieme a Elena.

La nostra lettera aperta a Elena Cecchettin

Cara Elena,
Tu ci hai chiesto di non fare silenzio, perché quello che è accaduto a Giulia e a tutte le altre donne ammazzate da uomini non debba accadere ancora.

È evidente che finora non è stato fatto abbastanza. Non bastano certamente i messaggi di cordoglio a ogni femminicidio; non bastano le scarpe o le panchine rosse. Non basta la giornata del 25 novembre.
Tu chiami in causa la scuola, la società, la comunità tutta, a partire da “quei bravi ragazzi”. Perché se la colpa è individuale, la responsabilità è collettiva e ognuno e ognuna deve sapere che può e deve fare la sua parte. Cominciando a parlare davanti a ogni forma di violenza a cui si assiste, dalla battuta volgare alla giustificazione di comportamenti controllanti o aggressivi. Riconoscendo che chi non contribuisce a risolvere il problema è a sua volta parte del problema.

Ma proprio tu che in questo momento terribile hai il coraggio di non stare zitta, proprio tu sei vittima degli attacchi più odiosi dettati da quella stessa cultura maschilista e patriarcale che ha ucciso tua sorella.

In queste situazioni in molti cercano il capro espiatorio: non possono prendersela con il carnefice perché non è un pericoloso immigrato di colore, non possono prendersela con la vittima che era una ragazza a posto – non era ubriaca, non se “l’è cercata” – allora l’obiettivo sei tu che, pur travolta da questo dolore così grande, hai osato parlare e con tanta dignità e compostezza e altrettanta lucidità hai individuato il nocciolo del problema, e ci hai chiamato tutti e tutte in causa.

Per questo vogliamo dirti che non sei sola, che siamo con te e ti seguiamo, che siamo tue sorelle e che da oggi in poi faremo ancora più rumore che possiamo.

Unione Donne In Italia di Genova